IL VINO TRA PASSIONE E CONOSCENZA

Un pomeriggio a Breganze con Franca Miotti, a parlare di storie di famiglia, vitigni autoctoni, del mestiere del vignaiolo e di amore per il vino.

Arrivo alla Cantina Firmino Miotti con un po’ di anticipo, in trepidante attesa di conoscere la Signora Franca. Ripasso le domande, mi sistemo il soprabito e il cappello, metto su la mascherina. Lei arriva e mi accoglie con la domanda “caffè o vino?” e rompe subito il ghiaccio (ça va sans dire, ho scelto il vino). Decide di farmi assaggiare Anima, 100% Vespaiolo Pas Dosé, ed io inizio con le mie (copiose) domande. Ne nasce una conversazione piacevole, interessante e avvincente, fatta di ricordi e storie di famiglia, riflessioni sul mestiere del vignaiolo e condivisione di nuovi progetti. Mi concede il suo tempo senza guardare l’orologio ed io ascolto con gratitudine mentre mi svela, appunto, l’anima della Cantina Firmino Miotti.

Si dice che non esistono due terroir uguali tra loro, per cui chiedo a Franca quali sono le caratteristiche che rendono unico il Colle di Santa Lucia di Breganze: un terreno vulcanico, con una pietra semidura che consente alle radici della vite di penetrare in profondità e che ha reso possibile di non perdere delle piante anche nei periodi caratterizzati da siccità.

Vespaiolo, Pedevendo, Gruajo, Groppello, Marzemina Bianca: salvaguardare vitigni autoctoni e varietà antiche, favorire la biodiversità e preferire la qualità alla quantità fa dei vignaioli come Firmino Miotti dei veri e propri custodi della terra. Questa inclinazione alla tutela del territorio inizia già con il bisnonno di Franca: alla fine della seconda guerra mondiale si occupa di organizzare le squadre di “incalmatori” per salvare le viti dalla fillossera, afide arrivato dall’America e che a partire dalla seconda metà dell’ottocento devastò interi vigneti in Europa e non solo, contro cui fu trovato rimedio, anni dopo, nella tecnica dell’innesto della vite europea su alcune varietà di vite americana. Anche Firmino, papà di Franca, viene coinvolto da bambino in questa missione e prende a cuore la difesa delle viti autoctone di Breganze che suo nonno, uomo carismatico e figura di riferimento, si era impegnato a ricreare. Alla fine della seconda guerra mondiale centinaia di uomini e ragazzi in cerca di lavoro confluiscono nella grande azienda Laverda, per cui i campi si spopolano e le viti vengono nuovamente abbandonate. Finché i titolari dell’azienda non si rendono conto che nel periodo della vendemmia era tutto un fiorire di permessi e assenze, per cui decidono di creare una cantina interna, cui i soci operai conferiscono le uve e ai quali l’azienda rivende il vino, ad un prezzo scontato, per sostenere le spese. Questa idea della cantina sociale ha dei risvolti sia positivi che negativi: tutti i soci si adeguano alle direttive dell’azienda e ai consigli di enologi provenienti da altre zone di produzione, anche quando si tratta di sostituire alcune varietà di uva autoctone e antiche con altre più produttive. Vengono così messe a dimora delle barbatelle che hanno un indice di maturazione simile e che rendono abbastanza da soddisfare la domanda sempre crescente di vino. A parte la vespaiola, che viene mantenuta in tutto il territorio, altre varietà di uva resistono solo ad opera di quei vignaioli che non aderiscono alla Cantina Sociale o che decidono di intraprende una strada diversa. Tra questi, Firmino Miotti, fedele alla promessa fatta al nonno.

Cantina Firmino Miotti

A proposito di storia: lo scrittore vicentino Virgilio Scapin, nel suo libro “I magnasoete” (i mangia civette), immortala Firmino per il suo senso dell’ospitalità, per la sua figura di filosofo legato alla terra e alla natura. Chiedo a Franca di raccontarmi qualche aneddoto su questo libro e lei mi parla di una storia di profonda amicizia e va a prendere una copia del libro per leggermi alcuni passaggi per lei significativi, mentre io mi godo il mio calice di Gruajo (a proposito, l’idea della J è proprio di Virgilio Scapin, chiedete a Franca di raccontarvi la storia…).

E arriviamo al giorno d’oggi e a Sua Maestà il Vespaiolo, vitigno autoctono dell’area della DOC Breganze, che viene interpretato in maniera diversa dai suoi vignaioli, tra storia e sensibilità personale, tradizione e sperimentazione. Dopo un breve excursus sulle difficoltà iniziali della denominazione e la rinascita commerciale del Vespaiolo, grazie anche all’abbinamento con i piatti tradizionali, arriviamo a parlare della moda degli ultimi tre anni, quella per i bianchi aromatici. Come si fa ad incontrare il gusto del pubblico e ad esaltare il Vespaiolo senza “tagliarlo” con altri vini più aromatici? O in vigna, potando molto corto, tecnica che andrebbe a discapito dell’appassimento per il Torcolato, oppure con il tannino, facendo un affinamento in legno. Il legno scelto da Franca è quello di acacia e così nasce l’esperimento del Vespaiolo 16.9, che mette insieme vino da botte di acacia e vino da acciaio, in un equilibrio che non va a snaturare il Vespaiolo, seppur lo renda un po’ più corposo e longevo. Nel frattempo prende forma Anima: nel 2017 inizia la sperimentazione dello spumante, per il quale si era già deciso di attendere 36 mesi, con una prima sboccatura su metà delle 4.000 bottiglie, per vedere come procedeva e testare il gradimento, e la seconda sboccatura prevista quest’anno. Il pubblico ha apprezzato questo Vespaiolo Pas Dosé, per cui si è motivati ad andare avanti su questa strada.

Cantina Firmino Miotti
Cantina Firmino Miotti

La Guida Vitae dell’Associazione Italiana Sommelier definisce Franca una dinamica enologa, ma anche erede morale delle tradizioni di famiglia. Le chiediamo cos’ha ereditato della visione di suo padre e quale sia, invece, il suo personale contributo, la sua firma nei vini della Cantina Firmino Miotti: “Ho sempre rispettato quello che è stato fatto in vigna, le singole varietà autoctone e il modo in cui le aveva proposte mio padre. Quello che ho portato io è stata un po’ un’innovazione nell’uso dei legni, cercare di snellire la produzione e stare al passo con i tempi, proponendo vini, ad esempio il Fondo53, che rispondano ad alcune richieste del mercato, senza mai snaturare la nostra identità. Credo fortemente che il Vespaiolo possa dare un ottimo spumante, senza l’apporto di varietà aromatiche, quindi questa mia testardaggine nel supportare questa varietà e nell’interpretarla in modi diversi è quello che mi ha contraddistinto dalle generazioni precedenti”.

Franca Miotti_Cantina_Firmino_Miotti
Cantina Firmino Miotti

Note sull'autore

Daniela Belfatto

Professionista in ambito Marketing e Comunicazione, con una specializzazione in Food&Wine Marketing, Daniela cura per la rivista l’inserto mensile Colori e Sapori: produttori, consorzi di tutela, blogger, enti turistici, guide ambientali, fattorie didattiche, sommelier…in tanti sono passati dalla sua penna. Non si definisce una giornalista enogastronomica, piuttosto una “degustatrice di storie”; più che una travel blogger è una “curiosa girovaga”. Insaziabile collezionista di nuove esperienze, per lei le belle storie sono come il buon cibo: vanno condivise. Le abbiamo chiesto di raccontarci la sua esperienza più gratificante con Colori e Sapori: “Quando una persona che avevo intervistato, rileggendo la sua storia attraverso le mie parole, ha detto di essersi commossa. Sapere che quello che scrivo riesce ad emozionare e a valorizzare qualcuno mi rende felice”.

Daniela Belfatto

Professionista in ambito Marketing e Comunicazione, con una specializzazione in Food&Wine Marketing, Daniela cura per la rivista l’inserto mensile Colori e Sapori: produttori, consorzi di tutela, blogger, enti turistici, guide ambientali, fattorie didattiche, sommelier…in tanti sono passati dalla sua penna. Non si definisce una giornalista enogastronomica, piuttosto una “degustatrice di storie”; più che una travel blogger è una “curiosa girovaga”. Insaziabile collezionista di nuove esperienze, per lei le belle storie sono come il buon cibo: vanno condivise. Le abbiamo chiesto di raccontarci la sua esperienza più gratificante con Colori e Sapori: “Quando una persona che avevo intervistato, rileggendo la sua storia attraverso le mie parole, ha detto di essersi commossa. Sapere che quello che scrivo riesce ad emozionare e a valorizzare qualcuno mi rende felice”.

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